Sughereta di San Vito a Monte San Biagio, Pernarella: "Ora gli interventi"

“Il Comune di Monte San Biagio e la Regione Lazio possono e hanno il dovere di salvare la sughereta di San Vito, da cinque anni sotto attacco del micete Phytophthora cinnamomi”. A ribadirlo, dopo i due incontri svoltisi presso la direzione ambiente della Regione, è Gaia Pernarella, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle. “Quello che abbiamo appreso a seguito dell’interrogazione rivolta all’assessore Mauro Buschini nel mese di maggio non ci aveva per nulla soddisfatto ma ora – spiega la Pernarella -, abbiamo qualche speranza in più dopo l’incontro tra il direttore della Direzione, Vito Consoli, la responsabile dell’area Foreste e servizi ecosistemici, Filippa De Martino, il responsabile dell’Area Servizio fitosanitario regionale della Direzione Agricoltura insieme al personale tecnico dell’Area che ha seguito tale problematica sin dal 2012, il sindaco del Comune di Monte San Biagio e il Dirigente del Parco naturale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi”.

“In particolare – prosegue la Consigliera -, apprendiamo con favore che la proposta di sperimentazione del 2013 dell’Università della Tuscia di Viterbo, Dipartimento Foreste (DIBAF), riguardante la somministrazione di fosfito di potassio, sia stata valutata positivamente tanto che il responsabile del Servizio fitosanitario ha informato gli Enti presenti all’incontro circa la possibilità di partecipare a un bando per accedere a finanziamenti comunitari per studi e sperimentazioni, gestiti dalla Direzione Agricoltura. Allo stesso modo, è positiva la comunicazione della Direzione circa l’imminente pubblicazione del bando denominato Sostegno alla prevenzione dei danni arrecati alle foreste da incendi, calamità naturali ed eventi catastrofici in cui è previsto espressamente il finanziamento di interventi volti a prevenire la diffusione di calamità naturali causate da agenti biotici attraverso interventi di sistemazioni idrauliche”.

Aggiunge la Pernarella: “Quanto fatto finora, interdizione al passaggio di personale e bestiame all’interno delle due aree focolaio di infezione, divieto assoluto di movimentazione della terra, considerate le numerose segnalazioni di segno opposto giunte anche alla Direzione Regionale, si è rivelato fino a oggi insoddisfacente ad arginare il parassita così come ci chiediamo se era necessario arrivare al 2017 per avere contezza del fatto che dal Comune, in considerazione delle scarse risorse, nulla è stato realizzato per la regimazione delle acque e per l’esecuzione di opere di ingegneria naturalistica.

Ci auguriamo che adesso si cambi passo: perdere una delle aree più rare d’Italia per valore ecologico ed ambientale a causa del pressapochismo che finora è stato messo in campo dagli enti interessati sarebbe imperdonabile: un crimine contro la natura, la storia e le tradizioni dei cittadini di questa regione”.